Il nostro lontano cugino estinto, l’uomo di Neanderthal, parlava come noi? Gli studiosi hanno tentato di rispondere cercando di ricostruire il sistema uditivo degli ominidi. Per stabilire il loro grado di sviluppo, oggi ci vengono in aiuto strumenti molto sofisticati, di cui dispone la paleoneurologia. Grazie a tecniche di ricostruzione 3D, si può tracciare e analizzare la parte interna della scatola cranica: è stato già provato ad esempio che che l’Homo sapiens, nostro diretto antenato, rispetto all’Homo neanderthalensis, presentava un maggiore sviluppo del lobo temporale e del bulbo olfattivo, un 12% in più che avrebbe fatto la differenza. Ma le orecchie? Tramite tomografia microcomputerizzata su un campione molto ampio di minuscoli fossili è stato accertato che, dal punto di vista dell’udito, i nostri lontani cugini non erano molto diversi da noi.
Un gruppo di ricercatori tedeschi e inglesi hanno studiato il funzionamento degli ossicini dell’orecchio (martello, incudine e staffa) di 14 fossili di uomo di Neanderthal. L’analisi dei piccoli frammenti dimostra che la funzionalità degli organi uditivi era molto simile a quello dell‘Homo sapiens, ma le strutture in effetti erano diverse. Non è stato ancora chiarito se l’udito fosse complesso come il nostro e nemmeno se fosse presente una forma elaborata di linguaggio.