Molte culture antiche utilizzavano strumenti musicali per compiere atti sociali e rituali: il fischietto a forma di teschio azteco è un esempio di questo fenomeno con caratteristiche uniche utilizzato nella Mesoamerica postclassica. Questi strumenti, trovati in siti archeologici risalenti agli anni 1250 – 1520, possono produrre suoni morbidi come sibili ma anche terrificanti come urli; potevano essere utilizzati in maniera efficace sia per pratiche sacrificali sia per intimidire i nemici in guerra. Tuttavia, mancavano finora solide prove psicoacustiche per qualsiasi teoria, in particolare su come gli ascoltatori umani rispondono cognitivamente ed emotivamente a questi fischi. Si è quindi ricorsi a esperimenti di ascolto e classificazione psicoacustica, fino alla recente pubblicazione di uno studio su Communication Psychology (Frühholz, S., Rodriguez, P., Bonard, M. et al. “Psychoacoustic and Archeoacoustic nature of ancient Aztec skull whistles”); la ricerca dimostra che i suoni di questi strumenti sono percepiti come spaventosi e ostili. In particolare si prova la sensazione di un suono di origine ibrida, naturale e artificiale insieme. Sono stati classificati psicoacusticamente come un mix tra un urlo umano e un rumore provocato da meccanismi artificiali. Utilizzando la mappatura del sistema cerebrale umano, i ricercatori hanno inoltre scoperto che i suoni dei fischietti a forma di teschio vengono interpretati nel sistema uditivo neurale degli ascoltatori umani con un significato emotivo, accompagnato però da un riconoscimento uditivo consapevole e da valutazioni simboliche nei sistemi cerebrali fronto-insulari-parietali. I fischietti aztechi sembrano quindi strumenti sonori unici con effetti psico-emotivi specifici sugli ascoltatori, e le antiche comunità potrebbero averli utilizzati proprio per queste potenti e terrificanti caratteristiche.