Gli esseri umani utilizzano il ritardo di tempo tra l’arrivo di un’onda sonora in ciascun orecchio per discernere la direzione della sorgente. In moltissime specie (rane, lucertole e uccelli), la distanza tra le orecchie è troppo piccola per poter essere elaborata in quel modo dal cervello. Allora questi animali come fanno a capire da dove giungano i suoni? I loro timpani sono collegati da una cavità interna, una sorta di amplificatore “selettivo”.
Il tutto è spiegato nello studio “How Internally Coupled Ears Generate Temporal and Amplitude Cues for Sound Localization”, pubblicato su Physical Review Letters da un team di ricercatori tedeschi, danesi e statunitensi. Il modello elaborato per la localizzazione dei suoni vale per oltre 1.500 specie viventi.
“A differenza degli esseri umani -scrivono gli scienziati- molti animali percepiscono non solo i segnali esterni, ma anche una sovrapposizione delle onde sonore esterne con quelle che vengono generate internamente, attraverso l’accoppiamento dei due lati”.
Presso la Technische Universität München (TUM), il team di studiosi guidato da Leo van Hemmen, professore di biofisica teorica, ha descritto come le onde sonore si propagano attraverso le orecchie accoppiate internamente e quindi quali indizi per localizzare le sorgenti sonore vengono creati durante questo procedimento.
Le applicazioni di tale meccanismo potrebbero avere importanza nel settore delle applicazioni industriali e della robotica.