Becca Meyers è una nuotatrice americana, cieca e sorda. Ha partecipato agli ultimi due Giochi Paralimpici vincendo tre medaglie d’oro in quelli di Rio de Janeiro, nei 100 metri farfalla, 200 metri misti e 400 metri stile libero. Ha annunciato che rinuncerà a quelli di Tokyo, in programma dal 24 agosto al 5 settembre, perché il Comitato olimpico e paralimpico americano le ha rifiutato la possibilità di portare con sé sua madre come assistente personale. Le norme anti-Covid del Comitato prevedono che i 34 nuotatori paralimpici siano seguiti da un assistente, messo a disposizione dalla federazione nazionale, e che non possa aggiungersi personale non essenziale. Per Meyers questa è però una battaglia di principio, perché vengano riconosciute le esigenze degli atleti paralimpici. Secondo l’atleta la presenza di un assistente di sua fiducia, come sarebbe la madre, è essenziale perché lei si esprima al meglio nella sua disciplina. “Perché – ha scritto – nel 2021, in quanto persona disabile, devo ancora battermi per i miei diritti? Parlo per le future generazioni di atleti paralimpici nella speranza che non debbano mai sperimentare il dolore che provo attualmente. È troppo”. Meyers soffre di sindrome di Usher, una malattia genetica che provoca perdita di udito e di retinite pigmentosa, una malattia oculare che danneggia la vista e si aggrava col tempo.