Durante i primi istanti di un’eruzione vulcanica si forma un anello effimero di fumo e cenere le cui caratteristiche (ad esempio dimensione e velocità) forniscono agli scienziati importanti indizi su quanto quell’eruzione possa essere pericolosa, rivelando la sua intensità o la profondità della bocca eruttiva da cui ha avuto inizio. Un nuovo studio “cattura” questi vortici toroidali, in inglese ‘vortex rings’, di origine vulcanica e il loro suono su video ad alta velocità, suggerendo un nuovo modo per monitorare le eruzioni usando solamente il rumore percepito.
Tuttavia gli anelli sono apprezzabili solamente per brevi periodi e possono essere difficili da misurare in eruzioni piccole. Eruzioni più grandi possono invece formare dei vortici più visibili, ma gli scienziati non sempre sono in grado di avvicinarsi abbastanza per fare le dovute osservazioni. Inoltre, se l’eruzione avviene di notte o con l’edificio vulcanico avvolto dalla cenere o dalle nubi, gli anelli potrebbero non essere visibili.
Una nuova ricerca condotto da un team di vulcanologi e fisici specializzati nella fluidodinamica, dal titolo “Volcanic Vortex Rings: Axial Dynamics, Acoustic Features, and their Link to Vent Diameter and Supersonic Jet Flow”, pubblicato dalla rivista “Agu Geophysical Research Letters”, ha permesso di combinare video a alta velocità con registrazioni audio incentrate sui primi secondi delle eruzioni dello Stromboli per ascoltare i vortex rings vulcanici. “C’è un suono caratteristico prodotto dal vortice vulcanico, che è un suono basso e costante. La bellezza dei vortex rings è che sono stabili, ciò significa un suono costante che si propaga nel tempo”, spiega il vulcanologo dell’Ingv Jacopo Taddeucci, primo autore dello studio.
“Anche se non vediamo l’eruzione – continua Taddeucci – perché, ad esempio, il cielo è nuvoloso o non disponiamo di una telecamera fissa sul vulcano, con questa nuova tecnica siamo in grado di sapere cosa sta succedendo analizzando solamente il suono”.