Conosciamo i fenomeni cosiddetti migratori, oltre che per quanto viene affermato sull’arena politica, tutto e il contrario di tutto, soprattutto attraverso le immagini, spesso drammatiche. Un modo diverso di accostarvisi, più immersivo, è attraverso il mondo dei suoni. Il progetto Migration Sounds, lanciato lo scorso 16 settembre, presenta 120 suoni e storie di migrazione in 51 paesi, dall’Argentina all’Australia, con testimonianze personali di comunità della diaspora in tutto il mondo, nonché campi di migrazione e drammatici salvataggi in mare. Il progetto, realizzato in collaborazione da Cities and memory e dal Centre on migration, policy and society (Compas) dell’Università di Oxford, è ricco di straordinarie registrazioni sonore e, cosa fondamentale, ognuna è accompagnata da un racconto dietro il suono e da cosa significa per la persona che lo ha registrato. La collezione include suoni drammatici del salvataggio dei migranti nel Mediterraneo ma anche stili di vita tradizionali, tra cui pastori nomadi kazaki in Cina, tribù beduine in Egitto o slitte trainate da cani Inuit in Groenlandia; proteste legate alla migrazione – contro la brutalità della polizia in Francia, contro le leggi anti-immigrazione in Germania e negli Stati Uniti; suoni delle comunità della diaspora tra cui la comunità filippina a Dubai, la comunità cinese a New York o le comunità sikh, polacche, giamaicane e bengalesi a Londra; la produzione di filo spinato per creare fortificazioni per le recinzioni di confine dell’Ungheria; le conseguenze delle rivolte in un centro di immigrazione in Grecia; i suoni delle persone che attraversano i confini e intraprendono i viaggi della migrazione, sia forzati che non forzati; il ruolo essenziale svolto da attività come la cucina tradizionale e la riproduzione di musica per gli immigrati in tutto il mondo. Si tratta di decine di storie commoventi della vita quotidiana ordinaria di un immigrato in paesi di tutto il mondo e di come il suono aiuti a raccontare.